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Tinissima
febbraio 16, 2016

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Dicono che trovare la tomba di Tina Modotti, al Panteon de Dolores di Città del Messico, non sia un’impresa facile: la lapide, consumata e circondata da erbacce, giace semi abbandonata, dal 1942, nell’immenso cimitero. ​Il profilo della Modotti è appena distinguibile, ma le parole di Pablo Neruda sono impresse nella pietra e nel tempo…

“TINA MODOTTI, SORELLA, NON DORMI, NO, NON DORMI:
FORSE IL TUO CUORE SENTE CRESCERE LA ROSA
DI IERI, L’ULTIMA ROSA DI IERI, LA ROSA NUOVA.
RIPOSA DOLCEMENTE, SORELLA.
LA NUOVA ROSA E’ TUA, TUA E’ LA NUOVA TERRA…”
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​Ed è proprio “La nuova rosa” il titolo scelto per questa mostra che Udine dedica a questa donna poliedrica, appassionata e fuori dal comune.

Assunta Adelaide Luigia Modotti nasce a Udine il 17 agosto del 1896,

a 17 anni però abbandona il Friuli per seguire il padre emigrante negli Stati Uniti, ma nonostante la giovane età, l’estrazione sociale modesta e gli studi interrotti, dimostra subito un talento artistico e un’intelligenza vivida.

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TINA HA VISSUTO INTENSAMENTE TUTTO: PASSIONI, AMORI, AMICIZIE, IMPEGNO POLITICO E LA SUA VITA TRA MESSICO, EUROPA E RUSSIA, E’ COSTELLATA DI INCONTRI E FREQUENTAZIONI DI PERSONAGGI CHE HANNO FATTO LA STORIA DEL NOVECENTO, COME FRIDA KALHO E DIEGO RIVERA, ROBERT CAPA, ERNEST HEMINGWAY E MOLTI ALTRI.

​Anche la passione per la fotografia inizia grazie ad un incontro, quello con il fotografo Edward Weston, di cui sarà assistente, modella e anche compagna e con cui compirà una delle tappe fondamentali della sua vita: il suo primo trasferimento in Messico.
​Parlare di Tina Modotti risulta difficile, talmente tante sono le cose di cui si è interessata: teatro, cinema (infatti la sua vita sembra quasi un film), arte, fotografia, attivismo politico, giornalismo… e condensare in poche righe il suo genio e la sua particolarità diventa complicato.

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Con questa mostra abbiamo capito tante cose: l’intensità e la modernità dei suoi scatti, realizzati nei 10 anni in cui si dedica alla fotografia, il mezzo più espressivo della sua arte, una passione bruciante che però decide di abbandonare in nome di una rivoluzione ( quella politica e sociale ) che non vedrà mai realizzata.

​La mostra contiene moltissimo materiale: oltre alle foto, tra cui 18 scatti, praticamente inediti, realizzati tra il 1927 e il ’29 nelle Scuole libere di agricoltura in Messico, anche materiale iconografico sulla sua vita friulana e carteggi familiari.

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MA C’E’ UN’ALTRA BELLA STORIA DIETRO QUESTO ALLESTIMENTO ED E’ QUELLA DEL COMPIANTO PROFESSOR RICCARDO TOFFOLETTI,
insegnante in un liceo di Udine, che ha dedicato 40 anni della sua vita alla raccolta e alla catalogazione degli scatti di Tina Modotti, dispersi tra parenti, collezionisti e amici in giro per il mondo. È anche grazie alla sua dedizione se molte fotografie sono state ritrovate e il suo lavoro è stato l’embrione da cui è nata questa monografica proprio nella città natale di Tina.

Un’altra cosa fondamentale è il “contenitore” che ospita questa rassegna, cioè il museo di Casa Cavazzini, la Galleria di Arte Moderna e Contemporanea: in pieno centro storico nel palazzo cinquecentesco donato al Comune dal commerciante Dante Cavazzini, ristrutturato ed allestito da un’altra donna friulana straordinaria, l’architetto Gae Aulenti.


​L’edificio su tre piani ospita, al piano terra, esposizioni temporanee come questa, ma i piani superiori sono riservati alle collezioni permanenti e alle opere dei fratelli Basaldella. Quest’ultime sono collocate vicino all’appartamento padronale che conserva parte degli arredi originali e le tempere murarie realizzate proprio dai Basaldella; un particolarissimo spaccato della vita di una agiata famiglia udinese di inizio Novecento.

INSOMMA CI SONO TANTI MOTIVI PER VISITARE QUESTA MOSTRA DEDICATA A TINA MODOTTI: fino al 28 febbraio, Udine al museo di Casa Cavazzini.
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    Siamo Giorgia&Nensi due appassionate di fotografia che casualmente si sono incrociate attraverso il social Instagram; poi, a dimostrazione che certi incontri non avvengono per caso, abbiamo scoperto una grandissima serie di affinità che ci hanno legato e reso naturalmente sistersxcaso.

    Foto: Elisa Piccaro.

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