QUESTA NON È UN’INTERVISTA, MA IL RACCONTO DI UN INCONTRO , DI UNA MATTINATA SPECIALE, UN DONO, PERCHÉ QUANDO SI INCONTRANO DELLE PERSONE SPECIALI, CI SI SENTE UN PO’ PIÙ RICCHE.
“Sabato mattina l’appuntamento è alle 10.00 nel mio studio con le Sistersxcaso; è una piovosa e fredda mattinata di un autunno inoltrato e le foglie del fico cadute in cortile hanno solamente un ultimo sprazzo dell’intenso colore giallo di cui si erano tinte nelle ultime settimane, prima di arrendersi all’arrivo della nuova stagione.
Osservo tutto questo dal mio studio in giardino aspettando Giorgia e Nensi che vogliono conoscere quello che faccio qui dentro.
Qualche giorno prima Giorgia mi aveva spedito alcune domande da fare a chi si occupa di arte.
1) raccontaci chi sei..
2) cos’è per te l’arte?
3) come hai fatto a trasformare una passione in un lavoro?
4) quali sono i progetti realizzati e quelli a cui stai lavorando?
Domande dirette, che circoscrivono molto bene l’argomento e ti costringono a pensare.
PER NATURA NON SONO NÉ RAZIONALE NÉ PROGRAMMATA E NATURALMENTE NON MI SONO PREPARATA DILIGENTEMENTE GIÀ LE RISPOSTE; DENTRO DI ME NEL PROFONDO CREDO DI SAPERE PERCHÉ FACCIO TUTTO QUESTO MA SPIEGARLO IN MODO ASCIUTTO NO, RISULTA DIFFICILE IN QUANTO COMPLESSO E FACILE NELLO STESSO TEMPO.
Ero fiduciosa che sarebbe emerso nel chiacchierare con loro senza schemi e così è stato!
Davanti ad un caffè con biscotti in studio, fuori la pioggia battente ci siamo dimenticate tutte e tre dei nostri quotidiani impegni e per due ore é stato uno scambio di pensieri e dichiarazioni incrociate molto intenso e proficuo.
Alla prima domanda avevo già risposto. Sono una persona estroversa che ha continuo bisogno del confronto con gli altri per conoscere. Solo così si mantiene un contatto con la realtà che ci circonda e che poi ognuno di noi trasforma nel modo in cui conosce.
Io ho scoperto da un po’ che esprimermi attraverso il fare arte in tutte le sue declinazioni era il mio modo di stare a questo mondo. Questo approccio multi disciplinare l’ho appreso in Accademia, necessario passaggio per la mia crescita artistica: questa la risposta alla seconda domanda.
Infatti ho esordito dicendo che non sono una fotografa ma un artista che usa il mezzo fotografico quando serve per esprimere una idea artistica.
Da lì ho proseguito e per creare altri lavori mi sono servita dell’installazione partendo dalla fotografia.
Nasco da un approccio prettamente pittorico verso l’arte con il quale ho realizzato centinaia di paesaggi “en plein air”, esplorando il territorio che mi circonda in tutte le stagioni, (da lì attingerò nei lavori seguenti con modalità e tecniche completamente diverse). Ci si accorge a distanza di quanto sono necessari percorsi che invero si pensava sbagliati.
Il medium successivo oltre alla fotografia e che ho frequentato per un po’ di tempo è stata l’argilla ed il gesso in quanto incaricata ad eseguire la “Via Crucis” per la nuova chiesa di San Lorenzo Martire a Rualis di Cividale, spaziando quindi nell’ambito della scultura di cui ho dovuto apprendere strada facendo alcune parti tecniche. E’ stata un’esperienza molto impegnativa e stimolante che mi ha fatto crescere professionalmente; questo è l’inizio della risposta alla terza domanda, la più difficile.
E’ DIFFICILE IN QUANTO, DI COME UNA PASSIONE DIVENTI LAVORO, FORSE NON CI SARÀ MAI UNA RISPOSTA: SI FA ARTE IN QUANTO SI SENTE CHE È L’UNICO MEZZO PER ESPRIMERE IN MODO AUTENTICO QUELLO CHE SI SENTE DENTRO DI SÉ E SI VEDE ATTORNO A SÉ… ANCHE SENZA GUADAGNARCI.
A casa mi dicono che non si vive di sola gloria ed hanno ragione. Io posso coltivare questa “necessità” perché ho un lavoro che non c’entra nulla con l’arte ma necessario anche quello: faccio l’impiegata. Non faccio l’artista a tempo pieno e questo è un problema ai fini di una ricerca artistica completa e profonda che richiede invece quotidianità. Per chi fa l’artista è fondamentale per elaborare una propria ed autentica poetica. Il tempo per me è un cruccio. Non si può staccare da un lavoro e immergersi in un altro come un automa.
L’arte come altri ambiti necessita di un tempo di ricerca, di condensazione dei pensieri, di elaborazione e creazione fisica, di distacco emotivo e di ritorno per poi anche ricominciare da quello che sembrava un lavoro finito.
SE NON FOSSI MOLTO ATTRATTA DA QUESTO SISTEMA NEL FARSI DI UN’OPERA D’ARTE AVREI DESISTITO GIÀ DA UN PO’, MA COME L’ONDA IN ME RIMONTA SEMPRE LA VOGLIA DI ESSERCI LÌ CON UN NUOVO PENSIERO ARTISTICO CHE ARRIVA QUANDO MENO ME L’ASPETTO E CHE MI SORPRENDE SEMPRE NONOSTANTE LA FATICA NEL SUO FARSI E NEL NON ESSERE MAI SODDISFATTI APPIENO DEL RISULTATO. QUESTO PER ME SIGNIFICA RICERCA.
I lavori che ho elaborato in questi ultimi anni in cui si è delineata forse una mia personale poetica hanno avuto come tema il territorio, dal quale sono nate delle formelle in gesso alabastrino che riprendono, trasformato, il territorio attorno a casa (My Country); altro nodo fondamentale della mia ricerca è stata ed è la memoria (libro d’artista My House, My life 1970-2011 a cui sono seguite le Wunderkammer della memoria, scatole in legno e policarbonato) un lavoro sulla mia casa d’infanzia, molto intenso con una lettura abbastanza universale sulla perdita della casa natale e poi ritratti fotografici di giovani adolescenti del luogo, confluito in una recente mostra allo SMO – Slovensko Multimedialno Okno a San Pietro al Natisone: una riflessione sui paesaggi e passaggi nella ricerca della propria identità culturale e territoriale.
In futuro, ci sarà una collaborazione con una curatrice di Milano che mi ha proposto, assieme ad altre due artiste di indagare il lavoro di una poetessa austriaca Ingeborg Bachmann, nello specifico lavorando proprio sulla parola.
Ad aprile 2016 farò parte di una mostra a Trieste che ha voluto indagare fotograficamente le vie di Trieste intitolate a donne; a me è stato assegnato il giardino pubblico intitolato a Marisa Madieri, moglie dello scrittore Claudio Magris. E’ un lavoro in progress, ma già definito; spero nasca qualcosa di interessante. Lavorare su un canovaccio per me è sempre stimolante. Direi che in questo modo ho risposto anche alla quarta domanda!
In conclusione è stato interessante fare un ragionamento su questa parte di me.
Grazie a Giorgia e Nensi per avermelo chiesto.”
Cividale del Friuli, 22 novembre 2015
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